Winterkälte – Maschinenfest tracks 1999-2014

Pubblicato da Alessandro Violante il novembre 14, 2014

winterkalte-maschinenfest-tracks-1999-2014Quando comunemente si pensa alla musica powernoise o rhythmic noise che dir si voglia, la Hands productions viene citata, insieme alla Ant zen, come label per antonomasia. Sebbene alcune fonti diano la paternità del genere ad altri nomi come Noisex, il duo tedesco Winterkälte di Udo Wiessmann e Eric de Fries, già nel ’94 aveva fondato la propria label, la Hands appunto, e aveva prodotto un brano di quel genere (che si trova in una compilation di quell’anno, Different forms II).

Differenti e nuove forme di espressione per una musica, quella industriale, che proprio in quegli anni stava conoscendo o stava per conoscere, in un certo senso, un declino di alcune sue diramazioni (EBM ed electro-industrial in primis). Una di queste nuove forme era già stata preconizzata dal belga Dirk Ivens e, molto prima di lui, da un gruppo fortemente ispiratore quanto sottovalutato nella storia della musica industriale come Esplendor Geometrico.

Così comincia la storia dei tedeschi che, dopo tanti anni di costruzione mattone su mattone, o sarebbe il caso di dire rumore su rumore, hanno creato una vera e propria scena che, specie in Nord Europa, ha fatto molti proseliti e che, con fatica, sta pian piano facendo breccia anche qui da noi, anche per merito degli appuntamenti organizzati a Milano sotto il nome di Dark industrial / Alterazioni sonore (chi ci segue ne ha seguito gli sviluppi).

Dopo questo preambolo, parliamo del disco: Maschinenfest tracks 1999 – 2014 celebra la loro decima partecipazione al Maschinenfest, uno dei festival più importanti del genere, che ovviamente si tiene in Germania, e, conseguentemente, fotografa l’attività svolta dal duo in questi ultimi quindici anni. Questa release è un evento piuttosto importante, considerando che i nostri non rilasciano un album dal 2004. Che sia arrivato il momento giusto? Noi speriamo di sì. Ad ogni modo questa non è semplicemente una compilation, in quanto contiene cinque brani (su dieci) mai inseriti in alcuna loro release precedente: TBT, Stop exxon, Stop plutonium, Structure 10 e Fracking Siberia, oltre alla prima versione di Greenwar theme one, alla Cetraro version di Toxic ships, e ad un rough mix di Ban depleted uranium weapons. Il brano conclusivo è invece una versione live del 2012 di Deep sea defenders.

Già leggendo alcuni di questi titoli avrete capito che, pur trattandosi di musica puramente strumentale, il focus principale del duo è l’attenzione / la sensibilizzazione verso le tematiche ambientali, la critica dell’utilizzo delle armi chimiche e, in generale, la salvaguardia dell’ambiente e della specie. Lo strumento prediletto per diffondere il messaggio è una pioggia di ritmiche distorte condite da abbondanti scariche di noise come parmigiano sui maccheroni al sugo, detta in due parole.

Scendendo in una analisi più analitica, ciò che li differenzia dagli altri progetti della loro label è una cura per una produzione volutamente scarna ed essenziale, il più possibile underground, che guarda alla sostanza, sposando l’idea che sia più importante focalizzarsi sul cosa si voglia dire piuttosto che sul come. Via gli orpelli, quindi. I cosiddetti distorted beats che sorreggono le incursioni cacofoniche in brani caratterizzati da una linea di basso cupa e semplice come ad esempio Greenwar theme one o, meglio ancora, Stop exxon, Stop plutonium e la magnifica quanto minimale Structure 10, pagano un forte tributo nei confronti di certi settori dell’hardcore techno come l’industrial ma anche la terror (Drokz e la Dead end records sono due riferimenti obbligati).

Il Warm up live at Musik in Elektrisch 1997 è un macigno di ritmiche primordiali che passo dopo passo viene giù senza troppa fretta, scandito in un tempo perfetto, così come i ritmi altrettanto primordiali, afro-americani (ma devitalizzati dalle macchine), come quelli che si trovano in TBT o in Band depleted uranium weapons, e le scariche quasi punk, powernoise-punk, fredde e senza vita, della Cetraro version di Toxic ships e della gelida e metallica, non a caso, Fracking Siberia.

Questi sono solo alcuni degli spaccati di questo album. Ad ogni ascolto, tra i rumori lancinanti ed i ritmi che, freddi come l’acciaio, fanno scatenare in pista seguaci della formula in preda a balletti meccanici degni di Fernand Léger, entrerete sempre più in simbiosi con l’origine del suono e, quindi, del rumore (nell’eterno dualismo suono/rumore), analizzando freddamente le ultime e più recenti declinazioni dell’alienazione della nostra società post-postmoderna, della quale la musica industriale si è sempre fatta interprete.

Label: Hands productions

Voto: 9