Otur | boyd & Thysanura – Anhedonia

Pubblicato da Alessandro Violante il febbraio 8, 2015

otur-boyd-thysanura-anhedoniaNe ha fatta di strada il power electronics dai primi anni ’80 ad oggi, un genere molto particolare che prosegue, estremizzandolo, il flusso primordiale cacofonico industriale e che torna qui, con questa release degli italianissimi Otur | Boyd e Thysanura, nomi d’arte rispettivamente di Moreno Padoan e Michele Rave Grassani, a manifestare l’anedonia, da qui il titolo della release Anhedonia, quella particolare condizione che consiste nell’impossibilità di provare piacere quando, in condizioni normali, verrebbe provato, disturbo legato a una molteplicità di disturbi mentali.

Tra questi solchi il rumore si fa arte, arte disturbante che comunica l’incomunicabilità, musica creata da macchine per le macchine, libera dagli schemi del ritmo e, per questa sua condizione, poetica e postindustriale, una musica fredda che accomuna l’anedonia come condizione mentale a quella, implicita, delle strumentazioni elettroniche a cui appartiene per definizione. Sette spaccati che esplorano, da un punto di vista sonoro quanto atmosferico, sette variazioni sul tema sotto il segno dell’oltranzismo cacofonico.

Increasing è l’opener, un tappeto cacofonico e sordo che alterna costantemente due “voci” che, come in una forma sonata, stravolge il rumorismo che, come fosse napalm, lascia ascoltare, con difficoltà e concentrazione, quel che ne rimane, ovvero i temi maschile e femminile che si elevano sempre più fino al climax. Questa dualità viene espressa come un continuo gioco tra ansia e rilassatezza, tra inspirazione ed espirazione, allo stesso modo in cui viene concepita la maggior parte dell’opera letteraria, musicale, cinematografica, artistica nel senso più ampio del termine.

E’ un ottimo antipasto a cui segue The passive one, un brano che, come da titolo, descrive l’incapacità di provare piacere, rendendo l’uomo molto simile alla macchina, in una fusione sempre più vicina. Il disturbo mentale diventa la chiave di volta per l’avvicinamento di questi due mondi sempre più in relazione tra loro. Musicalmente, qui i suoni, i fischi e le incursioni noise ci fanno immaginare la mente di un postmoderno Belluca, il protagonista de Il treno ha fischiato di Pirandello, che aspetta il suo treno, e qui c’è il treno postindustriale che arriva a destinazione, c’è il suo segnale, ma c’è anche il suo passaggio che ha lo scopo di riattivare l’ingranaggio del piacere che l’uomo, vittima dell’anedonia, ha bloccato dentro di sè. Non ci è dato sapere se questo risveglio avvenga, questo viene lasciato all’immaginazione di chi ascolta.

Same perspectives on different angles è il brano più lungo, undici minuti di analisi del problema anedonico: condizione spesso legata anche alla schizofrenia, che emerge in un landscape cacofonico in cui le parti, un tempo giunte, si sono staccate e viaggiano su binari paralleli. Si ha qui sempre la sensazione che ci siano tessuti che si sdoppiano e che vivono di vita propria. Questo fenomeno, comunque comune nella musica elettronica, assume un particolare significato sociale, quasi clinico, in un lavoro che è definibile come concept album su un problema più generale.

La titletrack gioca con i suoni e introduce timidi tentativi di ritmicizzare, di inscatolare un suono che, comunque, finisce per sfuggire sempre al controllo, mostrandone comunque le grandi potenzialità che, un genere come il powernoise, ha trasformato in un vero e proprio filone musicale.

Tinnitus è un tetro tappeto monocorde su cui gli sprazzi noise esplodono a più riprese, incontrollati, improvvisi, anche qui dettati da un disturbo mentale, l’acufene (di cui il nome del brano è la traduzione inglese), quel particolare disturbo che ci fa ascoltare rumori di varia entità che interferiscono, in misura minore o maggiore a seconda dei casi, con la vita di chi ne è affetto.

Six elements of suicide è il brano più breve e più “esplosivo”, che lascia bruciare gli elementi noise impazziti che, a loro volta, travolgono l’ascoltatore e che, ancora una volta, esplorano un problema psico-sociale, quello del suicidio. Su questi solchi si può ascoltare tutta l’alienazione che viene provata da chi nutre questo pensiero nella propria testa, un groviglio inestricabile di fili, tutti potenzialmente compromettenti.

Stoicism si discosta notevolmente dagli esperimenti precedenti accantonando il rumorismo dirompente e facendo spazio, invece, ad una costruzione ritmica primordiale che ricorda i maestri tedeschi dei primordi della musica industriale, i pochi mezzi (ma dalle infinite possibilità) di cui le prime realtà di questa musica si servirono per costruire sinfonie cacofoniche e astratte, non poi così dissimili dagli esperimenti musicali post-avanguardisti degli anni ’70, tra cui anche quelli diFluxus. Un’ennesima gemma che, di certo, richiede predisposizione e un gusto per il less is more, nonchè una passione per quello che fu ma che, in un’epoca di ritorno ad un generale minimalismo sonoro, non può che generare consensi, o almeno è quello che si spera che accada.

Anhedonia è un lavoro non semplice, non scontato, prepotentemente underground nelle intenzioni e nei suoni, ma che dimostra quanto siano grandi le potenzialità di un genere così sbadatamente etichettato come autoreferenziale e “piatto”. Qui non c’è nulla di ciò, per chi sa coglierne le sfumature. Qui c’è uno spiccato interesse per la condizione mentale umana e per i disturbi della sfera sociale. Qui il power electronics, sapientemente utilizzato da Otur | Boyd e Thysanura, si fa portavoce del disturbo sonoro / mentale e crea una sorta di analitica cartella clinica del paziente affetto da questo disturbo. L’attenzione e la ricerca, neanche a dirlo, sono elementi fondamentali per la comprensione di questo lavoro.

Label: Xonar

Voto: 8, 5