M.O.A.T.A – Omen & The rorschach garden – Frantic sessions

Pubblicato da Alessandro Violante il aprile 20, 2015

m.o.a.t.a-omen-the-rorschach-garden-frantic-sessionsL’idea è semplice: ripartire da zero, cancellare tutto quello che la musica post-industriale ha prodotto in termini di complessità e sovrapposizione di ritmi e suoni tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90. Ci aveva già in parte pensato Dirk Ivens quando parlò, all’alba del progetto Dive, di ottenere il massimo utilizzando il minimo. Qualche anno più tardi sarebbe andato oltre.

Il punto zero da cui partire è il rumore, la noise music con cui già gli Esplendor Geometrico avevano lavorato per dare vita a composizioni minimaliste e groovy nella loro primordialità, ma aggiungendo una attitudine punk e un approccio 90’s, per forza di cose fortemente ispirato da quello che era successo in ambito techno in quel lasso temporale che separa i lavori più avveniristici degli spagnoli da quello che, nei primissimi anni ’90, cominciarono a realizzare due ragazzi tedeschi, Sven Pügge e Philipp Münch, mossi dalla volontà di costruire qualcosa di nuovo e autentico.

Frantic sessions è una sorta di documento musicale di quello che avvenne quando i due, entrambi militanti nella cult band Ars moriendi, unirono le proprie forze per creare musica che, poco tempo dopo, sarebbe stata categorizzata e chiamata rhythmic noise, sebbene sarebbe riduttivo utilizzare questo termine-ombrello per inglobare tutto quello che i due misero sul piatto. Questi quattordici brani, oggi, mettono in mostra quella che allora era la duplice natura dei progetti M.O.A.T.A – Omen e The rorschach garden, rispettivamente quello di Sven e quello di Philipp: se da un lato i due ragazzi avevano attitudine punk e voglia di rompere gli schemi preesistenti, operarono come chirurghi del suono, piuttosto che come ribelli votati all’autodistruzione.

L’operazione svolta dai due, nelle varie forme in cui venne declinata (stiamo parlando di brani in massima parte composti tra il 1992 e il 1995), era, piuttosto, mirata allo studio dei possibili punti di incontro tra ritmiche in 4 / 4noise, che il risultato fosse la creazione di siderali esperimenti drone, canzoni sporcate da valanghe di noise, o balletti meccanici al cardiopalma, in cui la techno (e l’acid, basti pensare a Drop it!) era la perfetta struttura in cui canalizzare il flusso cacofonico, e le linee vocali di Sven erano dei segnali fortemente distorti, astratti, provenienti da chissà quale enorme megafono posizionato al vertice del cumulo di queste macerie (opportunamente disposte) musicali. Dopo vent’anni di progetti, tra i quali Synapscape è forse il più noto, finalmente dieci (su un totale di quattordici) brani mai pubblicati prima vedono la luce, e stupisce il modo in cui i due progetti autori di questo album fossero riusciti a creare ex novo qualcosa di fresco, che avrebbe avuto un peso notevole nello sviluppo del rapporto tra noise e techno, tanto che oggi la seconda gioca sempre più spesso con la cacofonia in un processo inverso.

Si tratta di musica ancora molto attuale. Questi brani mettono in mostra, allo stesso tempo, il carattere sperimentale e apparentemente improvvisato della musica composta dal duo e, dall’altra parte, la quadratura perfetta del rhythmic noise che, di lì a poco, sarebbe esploso nei circuiti underground. Brani come la già citata Drop it!Oversterilisation e, soprattutto, Alles ist nichts! e Ash nazg, sono dei potenti balletti pronti a far esplodere il vostro stereo, mentre Beyond all visibleKnowledge sono alienanti panorami ambient in cui perdere l’orientamento, sentendosi trasportati dalle onde sonore come in un oceano senza fine. In quest’ultima, si possono sentire rumori da cantiere, emblematici in quanto mostrano la volontà di ricominciare dalle macerie. Anche gli episodi più quadrati e orientati alla techno non hanno lo scopo di far ballare, ma piuttosto quello di far riflettere sulle potenzialità del rumore inserito in una scatola 4 / 4.

Frantic sessions è uno studio sulle potenzialità della cacofonia messa al servizio della forma canzone (se è possibile definirla tale), è un voluto ritorno al big bang dal quale poi costruire qualcosa di nuovo, perchè a volte, per creare una novità, è necessario rompere l’esistente e ripartire dalle macerie, dall’origine. E’ la lezione di Sven e Philipp, una lezione che, release dopo release, continua nella sua costante ricerca di nuove soluzioni, di nuovi approcci, di nuove vie.

Label: Ant zen

Voto: 8