Intervista a Michele Rave Grassani / Thysanura

Pubblicato da Alessandro Violante il gennaio 24, 2016

michele-rave-grassani-thysanuraUna intervista a quattro mani con Agata Zarcone

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Artista, poeta e musicista. Michele Rave Grassani, conosciuto nel panorama musicale post-industriale con lo pseudonimo di Thysanura ma anche per il suo operato artistico di ispirazione Concettuale, considerato uno degli artisti di punta di un certo tipo a New York, città in cui vive, si racconta per FLUX in un’intervista interessante che cerca di tracciare un ponte tra la sua arte, la sua musica e la sua poesia.

1) Ciao Michele! Sei artista e musicista, ed inoltre ultimamente hai scritto un nuovo libro di poesie. Esiste una connessione tra la musica che componi come Thysanura e le tue creazioni artistiche?

Faccio una premessa. Nasco come come artista visivo, come tutti i bambini, cominciai a disegnare molto presto, la differenza, è che era il mio sogno nel cassetto, insieme a quello di fare il regista cinematografico. Mi iscrissi al mio primo corso d’Arte alla Scuola Civica di Arte ARVIMA a Pavia, la mia città natale, nel 1984, e tenni la mia prima mostra collettiva nell’estate del 1985. Sfortunatamente, la scuola, se non sbaglio, a causa di un problema con le uscite di emergenza, chiuse le sue porte ai preadolescenti, e dovetti continuare ad imparare nuove tecniche come autodidatta fino ai miei 14 anni, quando, mi iscrissi all’Istituto d’Arte Michelangelo, dove onestamente, non imparai nulla riguardo la pittura, c’era un buon corso di disegno dal vero, ma nient’altro. Trovai un reale maestro solo in Franco Duranti, quando scoprii che la scuola esisteva ancora e mi iscrissi di nuovo all’ARVIMA nel 2011; oggi non sono più uno degli studenti ma uno dei suoi Membri. Dopo Franco, trovai la mia strada a New York, dove nel 2014 fui accettato all’Intensive Studio Program della prestigiosa National Academy School & Museum, una delle più antiche scuole d’Arte degli Stati Uniti; qui, sto portando le mie abilità ad un livello successivo. Da appassionato di cinema, praticamente crebbi di fronte alla TV, per questo vedo la musica come una colonna sonora della vita, un mezzo per sottolineare sensazioni, sentimenti e “visioni”.

Quando ero un bambino, ero appassionato di electro pop e di new wave, da ragazzo mi spostai sul Metal e, successivamente, sul Rap che, a 13 anni, cercai di abbracciare come mio stile, ricordo, con risultati imbarazzanti. Fui anche un DJ Techno Hardcore, che era e rimane il mio stile da party preferito. Nel mentre, non ho mai smesso di sperimentare col suono. Il mio primo lavoro sperimentale fu una cassetta su cui registrai, nelle prime ore del mattino, qualcosa come un’ora di canto di uccelli dalla mia finestra, aggiungendovi una chitarra, talvolta pulita, talaltra stridente, in loop, tutto improvvisato, suonato a orecchio, senza accordi, che non conoscevo al tempo. Poi, da qualche parte lessi qualcosa sui Throbbing Gristle e sui PTV, e scoprii che esisteva una vera e propria scuola di questo genere.

Durante una delle fiere del disco, Vinilmania, alla quale andai sin dal 1989, incontrai e divenni amico di Stefano Musso meglio noto come Alio Die, e da quel momento entrai nel mondo dell’ambient, della power electronics, dell’avant-garde, etc. A causa di un disturbo d’ansia e di panico, che fortunatamente ora ho sconfitto, ebbi un buco nella mia produzione, sul lato visivo e su quello musicale, ma, nel momento in cui ripresi, si fusero insieme spontaneamente, la musica come colonna sonora dei miei dipinti, ed i miei dipinti e video come una trasposizione visiva delle mie composizioni. In pratica, la risposta breve alla tua domanda è: “Sì, a parte rare eccezioni, tutto è connesso”.

2) Quanto pensi che l’Arte Concettuale italiana del Dopoguerra ti abbia influenzato? Quali sue eredità pensi siano essenziali ai fini dello sviluppo dell’Arte Contemporanea?

Se con l’Arte Concettuale italiana intendi il Gruppo Zero, Burri etc. li ho scoperti, il primo a Natale 2014 con la retrospettiva al Guggenheim e il secondo questo Natale con la sua retrospettiva personale. Questo vi fa capire quanto la storia dell’Arte nelle scuole italiane, almeno quelle che ho frequentato io, sia di un livello davvero basso. Dall’altra parte c’è, invece, una mia ignoranza, che è anche voluta; un aneddoto: quest’anno ho iniziato varie serie di lavori, di cui uno prettamente Concettuale basato sulla letteratura Hardboiled, quando Mr. Pellegrin, direttore della NA, mi disse che uno dei miei lavori ricordava in alcuni punti Burri, quest’ultimo ancora non lo conoscevo, casualmente è poi spuntata la mostra. La cosa a me ha fatto molto piacere, il fatto di non conoscerlo dico, perché voleva e vuole dire che il lavoro è nato da me, completamente, senza nessuna spinta esterna, senza, volente o nolente, “copiare” qualcosa di un altro. Ecco, parte della mia ignoranza in campo di conoscenza degli artisti è per me il mezzo di sentirmi libero di creare senza sentirmi in imbarazzo se qualcosa somiglia ad un’altra, è un caso. Parlando dell’Arte italiana poi, Burri lo trovo interessante, il Gruppo Zero anche, ma, detto apertamente, non ho mai provato attrattiva per l’Arte italiana, generalmente parlando.

3) Consideri l’uso del quadro un modo desueto di fare arte?

Io faccio principalmente quadri, direi di no. A casa appendo un quadro, una foto, metto una scultura in una vetrinetta o piedistallo. L’Arte deve essere di tutti, se facessi solo installazioni queste sarebbero per pochi.

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Tratto dalla serie Noir

4) Perché un artista italiano di oggi sceglie di andare a New York? Ti senti stimolato ed incoraggiato dalla città nel produrre la tua Arte?

Io non mi considero un artista italiano in primis. Se vedete dell’Italia nei miei lavori è perché siete portati a farlo per il fatto che ci sono nato. Non mi considero neanche italiano ad essere sincero, se non per nascita, non comprendo e non ho mai compreso il Paese e la sua gente. Ho scelto, molto tempo fa, di spostarmi negli USA, e ho risparmiato e cercato il modo giusto per venirci. Ho scoperto la NA, una delle più prestigiose e vecchie scuole americane nel 2013, li ho contattati e ho mandato il mio portfolio. Sono stato accettato per il programma Intensive e ho vinto per due anni la borsa di studio. Mi sono mosso un po’ titubante, devo ammetterlo, ma non per quanto riguarda la mia professionalità in campo artistico, ma perché ancora avevo problemi di ansia/panico, invece la città mi ha salvato: non che non mi vengano più al 100%, ma se ne ho uno o due all’anno è tanto. NY non mi ha mangiato vivo, mi ha abbracciato e ripulito dalle incertezze. NY in se stessa è Arte, la sua gente, le sue strade, i suoi continui cambiamenti. E le persone, dai più giovani ai più anziani, apprezzano le Arti per quello che sono, non per un fatto prettamente remunerativo o perché devi apprezzare l’Arte e la sua storia. La apprezzano perché dà emozioni, scuote la vita, fa sognare, ti parla; in molte città americane è così, anche nelle più piccole. In Italia è diverso, non ne voglio neanche parlare.

5) Consiglieresti ad un tuo coetaneo di compiere il tuo medesimo percorso (musicale e artistico)?

Posso dare consigli solo se il coetaneo ha già intrapreso qualcosa, ed in base alle mie esperienze, ma non da zero, ognuno ha i suoi perché e per come, e li deve ponderare in primis da sé. Ecco, il mio consiglio, trito e ritrito ma reale, è: segui i tuoi sogni, seppur con razionalità, guarda ai tuoi meriti e coltivali, cresci e credi in te stesso. Coetaneo, giovane, più giovane o vecchio che tu sia.

6) Ci parli del tuo ultimo libro di poesie, Perish, She said? Trovo che sia parecchio influenzato da certa avanguardia primonovecentesca. Me lo confermi?

La mia poetessa preferita è Emily Dickinson. Apprezzo molto anche Charlotte Persin Gilman e William Faulkner, questo credo risponda alla domanda. Ho scritto la mia prima poesia a 7 anni ad una ragazzina che ovviamente mi mandò a fare in culo, giusto per dire che non ricordo da dove sono partito come conoscenza poetica. Gli italiani, come detto sopra, a parte quelli della scuola dell’obbligo, non li ho mai considerati, nè mi hanno mai interessato, lapidatemi, non ci posso fare niente. Perish, She said è in parte autobiografico, in parte fiction, parte sempre dal concetto Noir / Mystery / Hardboiled, prende in considerazione il Fuoco visto come l’Amore, la Passione divorante, e ne fa una Donna, difficile, schiva, con una personalità complessa e dominatrice. Ha molte sfaccettature sia lei che il libro, diverse letture, che vi piacciano o meno. La scelta di usare termini arcaici nasce dal voler imprimere un tocco di Romanticismo, in senso letterario, al contemporaneo.

7) Thysanura è un progetto piuttosto atipico ed interessante nel panorama noise / sperimentale italiano, e recentemente ho apprezzato molto la tua collaborazione sul nuovo album di Otur Boyd. Cosa vuoi esprimere con la tua musica?

Anche qui, come nell’Arte visiva, dipende molto dal concetto iniziale. Con Thysanura ho lavorato molto sulla psicologia, sui rapporti sociali, sul credo, sul sesso negli ultimi due album. Ognuno esprime qualcosa di diverso, ma in parte tutto si ricollega, io parto sempre dalle mie sensazioni, dal mio punto di vista, a volte proprio in improvvisazione, registro a getto seguendo l’istinto e l’emozione del momento. Mi piace lasciare libera la possibilità di avere un proprio punto di vista che seppur possa essere completamente distaccato da quello che provavo io nel farlo, non è sbagliato, è il tuo, il tuo essere e quindi corretto.

I titoli sono solo punti di partenza, il viaggio è libero, si segue solo la strada del concetto, i bivi li scegli da te.

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Tratto dalla serie Noir

8) Ho letto che c’è in programma una tua mostra a Pavia. Ti va di parlarcene un po’ meglio?

In realtà sono due Soli a febbraio. Uno, Angolazioni al Bliss Cafe’, è il secondo appuntamento con una sorta di retrospettiva, ci sono lavori nuovi e vecchi, non in correlazione tra loro. La mostra è esposta in locali notturni, non gallerie, e quindi si confà all’eclettismo, puoi semplicemente visitarla ed andartene o scegliere un quadro che ti piace, prenderti un caffè o un drink e sederti ad ammirarlo, con calma.

L’altro Solo, invece, sarà alla Galleria Arte 17, che è anche la galleria che mi rappresenta a Pavia, e sarà una mostra omaggio a Twin Peaks intitolata One chants between two worlds, lavori del 2014, tra il figurativo minimale e l’astratto. Come sempre. il caso mi fa da padrone. Mentre dipingevo questa serie, Lynch annunciò che ci sarebbe finalmente stata una terza serie.

9) Musica noise in Italia: quale filo rosso, musicale e non, lega la tua attività come Thysanura a quella di altri progetti come Otur Boyd ed SC9, per citarne alcuni? E’ solo un legame musicale o c’è di più? Esiste una vera e propria scena che si relaziona attivamente anche con quanto accade fuori dal confine italiano? Se sì, che connotati ha, e ti ci senti pienamente inserito?

Con Otur Boyd ho collaborato più volte, SC9 lo conosco solo di nome. Se la scena si relaziona attivamente, posso dirlo solo vedendo su FB i vari commenti tra uno e l’altro e i vari eventi che vengono postati. Sicuramente i social hanno aiutato nel connettersi, cosa che prima era più ardua. Io di mio conosco, e mi sono relazionato, con pochi, è successo e basta, non ci siamo cercati, quello che conosco come relazioni nella scena italiana è tutto qui. Io sono abbastanza misantropo, quindi non è che mi sia inserito qui a NY invece che in Italia, non mi inserisco e basta. Però posso dirti che qua il movimento è molto attivo in fatto di gig e performances varie, collegato anche all’Arte, si muove underground ma non solo. In Italia invece è tutto molto più costretto, certi rimangono rinchiusi in certe linee / gabbie, altri si muovono più liberamente, ma sono pochi.

Spero ovviamente che non diventerà mai un movimento “mainstream”, perderebbe la sua logica di partenza, ma, sarebbe bello che anche in Italia crollassero i muri che lo rilegano in qualcosa che è solo se stesso, perché non lo è secondo me, va sentito non solo con le orecchie, ma anche con la mente e il corpo. E’ un movimento importante, fatto da persone con grande sensibilità, si veda anche solo il sempre nominato Corbelli (Atrax Morgue) per capire di cosa parlo, e fuori dalla musica, la sua storia proprio. Mostra il mondo come è, crudo, senza fronzoli.

10) Quali sono i tuoi prossimi progetti in casa Thysanura? Avremo modo di ascoltare qualcosa di nuovo a breve? E, per quanto riguarda il Michele Grassani artista, in che direzioni ti stai muovendo?

Per quanto riguarda Thysanura, sto componendo dall’anno scorso delle tracce ispirate a NYC, quella Noir ovviamente, anche se non so se le rilascerò a nome Thysanura o MRG, quindi il mio nome da Artista visivo, essendo questo un lavoro connesso a quello in cui mi sto muovendo nell’Arte visiva, come già detto. Sicuramente non lascerò Thysanura nel dimenticatoio, sono uscito da pochissimo con Lust on the thin black line che segue l’album Hardcore, probabilmente continuerò su questo filo. Tutti nella scena Power Electronics / Noise si sono confrontati con il tema del sesso, di solito all’inizio ma io no, mi è venuto spontaneo l’anno scorso, sarà perché sono single dal 2008 ahahahah, comunque, prima o poi dovevo confrontarmici.

Come artista visivo, ho quattro serie in attivo, la Hardboiled che come dicevo è concettuale e comprende installazioni, una Noir che è un figurativo astratto che richiama il mondo dei Detective comics, una che fonde i due concetti, molto minimale, e un’ultima, anch’essa minimale, che invece richiama il Mystery prettamente British.

Qualche link utile:

Sito web dei lavori dell’artista
Pagina Facebook dell’artista
Pagina dell’artista nella galleria Saatchi
Profilo Youtube
Pagina Bandcamp della label Hypnopompic
Pagina Facebook della Hypnopompic

Instagram: @rave2337
Twitter: @thysanura23