Intervista ai Keluar

Pubblicato da Davide Pappalardo il gennaio 22, 2015
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Photographer: Saxon Jorgensen

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Oggi siamo molto contenti di potervi presentare l’intervista ai Keluar, una realtà minimal wave / sperimentale a cui teniamo particolarmente, composta da Zoè Zanias e da Sid Lamar, oggetto dei nostri articoli sia in sede di recensione della loro omonima raccolta pubblicata dalla Desire records che nel dettagliato report del loro live con gli Schonwald a Milano presso lo Spazio Ligera. Siamo contenti perché crediamo molto in questo gruppo che riesce ad avere un proprio suono in un panorama in cui è facile suonare come altri, e anche perché in questa occasione abbiamo avuto modo di approfondire con loro le loro visioni inerenti non solo alla musica ma anche alla vita, alla biologia, alla psicologia e ai rapporti umani, ottenendo una serie di risposte in cui il duo mostra come la banalità non sia di casa in nessun aspetto della loro personalità.

1) Salve ragazzi! Prima di tutto grazie per il vostro tempo e per questa intervista. Il vostro progetto è, oso dire, una delle cose migliori capitate al mondo underground della musica elettronica da un po’ di tempo; credo ci sia un’energia innegabile tra l’oscura e a volte fredda musica e le ricche, forti ed emozionali costruzioni vocali, e si è visto durante le vostre performance live. Avete appena fatto una serie di concerti in Italia, com’è andata?

Z: Grazie per le parole gentili. I nostri concerti in Italia sono andati molto bene, amiamo sempre suonare qui dato che è una bellissima nazione dove viaggiare, il cibo è stupendo e i treni costano poco. Il pubblico dei nostri show non è stato il più grande di questo ultimo tour, ma è stato estremamente coinvolto.

2) Parliamo un po’ della parola Keluar e della copertina del vostro ultimo album. Vorrei chiedervi quando e come avete scoperto questa parola e a cosa si riferisce il suo significato “uscita”. Vorrei inoltre sapere quale sia il significato della copertina della vostra ultima compilation.

Z: “Keluar” può essere trovato su ogni segnale di “uscita” in Malesia e Indonesia. E’ una parola molto familiare per me perché sono cresciuta in questi paesi e non significa niente di così profondo per noi. E’ solo una parola. La copertina per l’EP Vitreum e quella per la nostra compilation su CD (che porta il nostro nome) sono entrambe foto che ho ricavato da un microscopio e che rappresentano la stessa sostanza a differenti gradi di ingrandimento. Poiché la parola ‘Vitreum’ significa vetro e la canzone fa riferimento a Crystal World di J.G. Ballard, volevo che l’EP avesse una superficie cristallina sulla copertina – anche per fare da contrasto ai liquidi rossi e neri di Ennoea. La copertina del CD con il nostro nome è un mix tra le due. E’ una foto che ritrae formazioni cristalline meno sfocate che appaiono più liquide… e inoltre sembrano anche neuroni. Le forme di vetro cristallizzate (‘vitrea’) e la fluidità della mente (‘ennoea’) vengono fuse in una sola immagine.

3) Credo che la vostra musica sia in qualche modo familiare ma, allo stesso tempo, nuova: usate alcuni elementi musicali e topoi che sono certamente appartenenti a quest’epoca (in maniera particolare alla scena indie / sperimentale / minimalista), ma in un modo unico ed evocativo che fa la differenza. Come scrivete la musica? C’è un modus operandi specifico o è sempre un processo diverso e spontaneo?

S: Molte volte il processo compositivo è davvero una lotta. E’ facile uscire con qualcosa che funziona, ma può diventare una lunga ricerca per renderlo qualcosa di speciale. A volte cominciamo con una certa linea musicale che, poi, può essere del tutto diversa nella versione finale. La linea era già “abbastanza buona” ma poteva mancare di qualche elemento necessario a creare un’atmosfera speciale. Devi essere molto sensibile per capire cosa la musica stia cercando di dirti. Bisogna solo mettere alcuni tasselli insieme ed essi incominciano ad interagire e a indicare diverse direzioni. Ci può volere un po’ per capire dove un’idea musicale voglia andare.

Z: Per me c’è sicuramente una componente di “scoperta” nel nostro processo compositivo. Creando, non partiamo con una chiara visione di cosa vogliamo, bensì ci muoviamo attraverso un certo numero di idee finché troviamo quello che non sapevamo di volere. Abbiamo entrambi le nostre particolarità riguardo ciò che permettiamo di essere pubblicato a nostro nome, quindi può volerci un po’ mentre continuiamo ad ascoltare una canzone avanti e indietro finché entrambi ne siamo soddisfatti.

4) Parliamo un po’ dei testi delle vostre canzoni: dopo aver letto quelli della vostra recente compilation (Keluar, 2014, Desire records), li ho trovati molto interessanti. In particolare, essi si concentrano fortemente sulla natura e sui suoi elementi, specialmente l’acqua, e su alcuni concetti religiosi (penso ad Ennoea). Mi sembra che l’acqua venga associata ad un certo tipo di stato emotivo mentale. Potete spiegarmi come e perché?

Z: Prima di tutto ci tengo a chiarire che non intendo nulla di religioso con la parola ‘Ennoea’. Uso il significato greco che fa riferimento ai processi, alle intenzioni e ai pensieri mentali. La religione non è qualcosa con cui lavoro per i miei testi, al momento.

I riferimenti che faccio all’acqua mi vengono così spontanei che mi sono accorta di quanto spesso li faccia solo dopo che le persone abbiano incominciato a dirlo. Ho sempre sentito un legame con la natura (un genitore biologo porta a questo), in particolare con l’oceano. C’è qualcosa riguardo la bellezza della sua superficie e i terrificanti misteri dei suoi abissi che cattura la mia immaginazione in un modo che pochi altri tipi di habitat fanno. Le mie memorie più care d’infanzia si sono formate sulle coste dell’Australia, della Malesia e dell’Indonesia, ma non ho mai vissuto sul mare, quindi ho passato molto tempo della mia vita a desiderarlo. Forse ho, quindi, inconsciamente associato le coste con un senso di nostalgia e di anelito, e il modo in cui le emozioni possano assalirti è metaforicamente così simile a come sia possibile sentirsi intrappolati tra onde e maree.

Poi c’è semplicemente l’aspetto fisico dell’acqua e di tutti i liquidi, che m’ispira e che forma una parte importante della mia visione del mondo. Le molecole di un liquido continuano a vorticare tra loro, mantenendolo in uno stato costante di flusso e movimento. L’intero universo sembra essere soggetto ad un costante movimento in questo modo, e questo è visibile specialmente nelle nostre menti. Alla gente piace pensare che i loro sè siano strutture solide capaci di navigare nella tempesta che è la vita, ma in realtà siamo tutti masse convulse di memorie, pensieri, e desideri che non sono mai uguali da un momento all’altro. Siamo entità fluide, incapaci di stabilità, che cambiano e si adattano senza fine. Si tratta di qualcosa che bisogna accettare ed è ciò che rende le nostre vite emotive così interessanti.

5) Zoè è una grande cantante e performer, ha un carisma e una passione molto rare nel genere minimalista e “statico” che fate; vorrei sapere se abbia avuto altre esperienze artistiche prima dei Keluar e che mi parli del suo primo progetto Linea Aspera.

Z: Fino alla formazione dei Linea Aspera ero abbastanza certa che avrei trascorso la mia vita in accademia, quindi la mia forma principale di espressione artistica era cantare da sola nella mia camera. La performance è sempre stata però qualcosa che ho desiderato, e a scuola spesso ho preso parte a produzioni teatrali e cantato nel coro. Penso che il mio desiderio di stare sul palco abbia sorpreso un po’ le persone, dato che ero molto timida e riservata. Nessuno mi aveva mai detto che sapevo cantare quindi credevo non fosse qualcosa che qualcuno volesse ascoltare.

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Photographer: Saxon Jorgensen

6) Penso che la maniera di comporre di Sid sia molto interessante: a volte trovi diversi elementi concentrati in una sola canzone con un songwriting non prevedibile, e ciò crea un mood dinamico che mantiene molto alta l’attenzione dell’ascoltatore e che lo muove. Vorrei conoscere le sue influenze.

S: Ho una laurea in Composizione Elettronica che riguarda soprattutto la musica elettro-acustica e quella strumentale contemporanea. Ho anche imparato le basi tra cui la teoria dell’accordo e del contrappunto, quindi ho passato molto tempo ad ascoltare la musica in modo analitico. Non cerco di fare uso di alcuna tecnica per i Keluar, ma semplicemente, sapere queste cose di sicuro influenza la mia musica, almeno inconsciamente.

Ho sempre avuto interesse per la musica basata sulle percussioni e sui beat. Inoltre deve avere un “groove”. L’atmosfera è un altro forte “parametro” che aggiunge tutta un’altra dimensione alla musica. Bassi e beat come stimolanti del corpo, spazi e ambientazione come stimoli mentali.

7) Cosa volete evocare con la vostra musica? Una visione, un’atmosfera, un messaggio, tutto questo?

Z:  Musicalmente vi sono certe atmosfere evocate e testualmente ci sono certi messaggi, ma non me ne accorgo più di tanto. Non mi siedo mai per scrivere una  canzone riguardo ad un certo tema, invece dirigo i testi verso ciò che la musica mi fa provare spontaneamente quando l’ascolto. In genere, racconto una storia molto vera ed autobiografica usando un linguaggio fantasmagorico ingannevole. Credo che la “comunicazione” risultante possa significare qualsiasi cosa che faccia provare all’ascoltatore. Non m’interessa cosa sia fino a che li commuove in qualche modo. La mia storia personale diventa la loro.

8) Negli ultimi anni abbiamo assistito all’ascesa di una scena neo-minimalista in cui la vostra musica viene di norma collocata. In che misura pensate che il fenomeno minimalista degli anni ’80 abbia influenzato quello che fate nella vostra musica e, naturalmente, ciò che stiamo ascoltando oggi da parte di etichette come la Desire records, per nominarne una?

Z: Beh, di sicuro ci ha influenzati essendo parte di ciò che ascoltiamo, ma i nostri background musicali consistono in molto più che ristampe minimal-wave, quindi è veramente una delle sfaccettature tra le molte che ci hanno portato a suonare così come facciamo. Mi ritrovo ancora sbalordita dall’assurdità del fatto che siamo un gruppo di scimmie bipedi che hanno così tanto piacere nel muovere gli arti al ritmo di onde sonore organizzate, quindi provare a riflettere su come siamo arrivati ad ascoltare quelle particolari onde sonore nel modo in cui lo facciamo ora diventa un po’ noioso. Cerco di prendere le cose per quello che sono e posso almeno osservare che la rinascita di questo particolare suono degli anni ’80 abbia probabilmente a che fare con il fatto che Internet permetta di condividere dischi prima rari tra persone sparse nel globo che condividono la stessa mentalità. Le persone prendono per scontato l’unicità dei nostri tempi: la musica registrata esiste solo da un secolo e l’enorme massa di dati con la quale passiamo la nostra vita è ancora solo una neonata. Naturalmente, una serie di strani trend prenderanno piede. Nella nostra creazione musicale, comunque, Sid ed io siamo abitanti del ventunesimo secolo fatti e compiuti e gli anacronismi che potete trovare in noi si possono ricondurre al fatto che usiamo una strumentazione affine a quel periodo.

9) Avete già dei piani per il futuro dei Keluar o, per il momento, siete concentrati sul presente?

Z: Abbiamo intenzione di pubblicare un altro EP e di continuare tutto il tempo a scrivere nuovo materiale. Quest’anno andremo in tour in alcuni posti che non abbiamo mai visitato.