Intervista ad Alex Reed (Assimilate: a critical history of Industrial Music)

Pubblicato da Alessandro Violante il marzo 19, 2015

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Dopo un lavoro di gestazione durato molti anni, Sir Alexander Reed, già attivo con le realtà musicali ThouShaltNot e Seeming, nel 2013 dà alla luce un libro che ha fatto molto parlare di sè, Assimilate: A critical history of industrial music, da molti definito il primo vero e proprio testo critico sulla storia della musica industriale rispetto ad altri libri ben più “conosciuti”, che però non erano riusciti nello stesso intento: parlare di musica industrial nel senso più ampio, musicale certo, ma anche critico, politico e sociale. Quella di Reed è una analisi che abbatte i confini di genere creati dai puristi. Poichè non esiste una versione italiana del libro, noi di FLUX abbiamo pensato che fosse interessante farci spiegare alcuni concetti purtroppo spesso ignorati ma molto ben esposti nel libro e, soprattutto, chiedergli il suo punto di vista riguardo quello che il libro non contiene (ancora).

1) Ciao Alex, spiega ai nostri lettori quando e perchè hai deciso di scrivere una storia critica della musica industriale. Lasciamiti dire che, per me, questo è il libro “musicale” più interessante che io abbia mai letto e spero che seguiranno degli aggiornamenti.

Molte grazie e, sì, ci sono alcuni aggiornamenti che ho già pianificato di fare! Avevo cominciato a pensare di scrivere Assimilate quando studiavo nella scuola di specializzazione (graduate school) intorno al 2003, ma mi ci è voluto molto tempo per radunare i materiali e la conoscenza. Avevo cominciato ad ascoltare la musica industriale quando avevo 11 anni e, man mano che il tempo passava, mi divenne chiaro che il genere fosse parte di una lunga tradizione di idee e che trasmettesse alcuni concetti davvero interessanti, anche quando sembrò non esserci strettamente “in relazione”.

2) Le forme d’arte moderne e contemporanee hanno sempre ispirato i successivi inizi della musica industriale, anche il collettivo COUM transmissions fu strettamente legato alla performance art, e così Fluxus (e la mail art) e il Futurismo, tra gli altri. Come l’arte influenza la musica industriale e viceversa? Spiegaci questa relazione.

Molti dei primi musicisti industriali erano artisti sperimentali autodidatti, e collettivi artistici come COUM o Fluxus si opposero direttamente all’accademismo e questo fenomeno conferì potere alle sorti di quegli artisti degli anni ‘70 isolati e non provenienti dall’ambito accademico/scolastico. La musica industriale prese queste idee e demolì gli assunti che vivevano sotto le nostre identità e il nostro mondo, ma lo fece con un tipo di rabbiosità giovanile, che in qualche modo aveva a che fare col punk. Mentre succedeva questo, la musica e l’evoluzione tecnologica dei media divenne via via sempre più reperibile, e le prime idee dietro il concetto di cyberpunk emersero nei lavori di Burroughs, Dick e Gibson. La musica industriale che ne scaturì fu, quindi, la confluenza di molti movimenti simultanei, ma fu influenzata maggiormente dall’arte piuttosto che una influenza artistica. Nella metà e nei tardi anni ’80, la musica industriale aveva un marchio sociale hip che attrasse verso le sue estetiche (verso la sfera hip) molti artisti: le troupe di danza e di teatro misero sotto contratto gruppi come Test Dept., Laibach, Einstürzende Neubauten e Skinny Puppy allo scopo di produrre musica da utilizzare nelle loro performance, e alcuni visual artists adottarono le tematiche abiette, l’immaginario cyber e le tecniche di cut up musicali – un esempio famoso è quello delle cover di Dave McKean di Sandman. Ma la musica industriale, più che altro, fu vista come una popolarizzazione di successo delle idee appartenenti alla sperimentazione artistica, e non molto come una loro evoluzione.

3) Focalizziamoci su due dei concetti più interessanti del tuo libro: quello delle Macchine di controllo e quello della Terza mente. Spiegaci queste idee. Come, quando e dove noi, come ascoltatori, possiamo “leggerli” e ascoltarli nella musica industriale? Come possiamo ripensare la musica che ci appassiona aggiungendovi questo ulteriore significato?

Nel mio libro, le Macchine di controllo (un termine coniato da William S. Burroughs) sono sistemi che limitano le nostre scelte nel mondo – non solo quelle facilmente riconoscibili come il governo, l’economia e la religione ma, in maniera più ampia, anche quelle meno percepibili come il linguaggio e il genere. Queste sono tutte cose contro cui la musica industriale, a vari livelli, indirizza la propria rabbia. Dando loro un nome univoco, possiamo contenere all’interno di una singola idea (e fare una singola critica / o creare un singolo nemico) tutti quei poteri che normalmente sono così grandi da farceli riconoscere a fatica. Prendi ad esempio i KMFDM. Loro vogliono “lacerare il sistema” in una maniera ampia e non specifica, ma questo ha un senso quando, per esempio, leggi i testi di A drug against war. Immediatamente vengono confluiti televisione, religione …[e] avvertenza ai genitori. Non è che la loro rabbia non abbia una mira, è volutamente onnidirezionale.

Per quanto riguarda invece la Terza mente, questo è un altro concetto che deriva da Burroughs e dal suo co-autore Brion Gysin. Detta in maniera semplice, si riferisce all’imprevedibile energia creativa che nasce dalla giustapposizione delle idee o dai contributi collaborativi. Il motivo è che, per quanto riguarda nello specifico la musica industriale, sia importante che sia una risorsa di significato che non proviene dalla volontà del singolo. Questo ha un senso perchè se le Macchine di controllo rendono possibile, senza possibilità di fuga, dettare ogni nostro movimento (come può essere l’acqua per un pesce), le energie creative spontanee, irrazionali e apparentemente senza origine alcuna possono modellare una maniera di far scappare momentaneamente noi e il mondo che ci sta intorno. Un ottimo esempio musicale in cui è possibile “leggere” questi concetti è la glitch music dei dischi dei Coil vs. ELpH, in cui gli imprevedibili errori generati dalle macchine diventano la risorsa principale della musica.

4) Oggigiorno stiamo osservando un ritorno dell’interesse nei confronti del “medium della cassetta”, utilizzato da un sempre maggiore numero di label. Nel tuo libro scrivi di come questo medium sia stato utilizzato dagli iniziatori della musica industrial, cosicchè è possibile parlare di una “scena della cassetta (tape scene)”. Quali sono i punti di contatto tra il modo in cui la cassetta veniva utilizzata un tempo e quello in cui viene utilizzata ora dalla scena underground?

Tornando indietro agli anni ’80, la “tape scene” era realmente l’unica rete globale utilizzata dalla musica sperimentale. Era il modo meno costoso e socialmente incoraggiante di creare e scoprire la musica (e il rumore). La nuova “tape scene” è un tentativo intenzionale di ricatturare quello spirito attraverso il medium, ma nel 2015 non è più la maniera più semplice, meno costosa o più veloce di fare e scoprire musica. I suoi partecipanti hanno i loro cuori nel posto giusto, ma stanno creando esclusivismo laddove un tempo albergava un’idea, per così dire, di democratizzazione. E’ una svolta interessante rispetto alla “pulizia” del suono dei computer, ma mi chiedo se questa linea di pensiero guardi più al passato, piuttosto che al futuro.

5) Esiste una relazione tra il modo in cui la cosiddetta “sottocultura industriale” usava vestirsi e pensare (e la musica stessa), e come le cose sono cambiate con il susseguirsi dei decenni?

I generi e le sottoculture cambiano. Sì, esiste un rapporto tra la musica, i vestiti e le idee della “scena originale” e quelli della “scena corrente”, e potremmo tracciare una linea temporale tra gli artisti, ma il modo in cui le persone entrano in contatto per la prima volta con questa musica e i gruppi sociali che si formano intorno ad essa hanno realmente alterato le idee che li accompagnano. Se è un segreto – lo strano mondo dell’ascolto e delle idee occulte (quel che la musica industriale era nel 1980) – coloro che entravano in contatto con questa musica avrebbero investito più tempo nel comprendere quello di cui si stesse parlando, comparando questo immaginario con un teenager che nel 1995 vede su MTV i video dei Gravity Kills, compra un grande poster di Trent Reznor in un supermercato e “impara” a “vestirsi industrial”. Molte delle idee originarie della musica industriale col tempo divennero codificate, diffuse ed estetizzate e, di conseguenza, ogni generazione di fan si approccerà in modo diverso alla musica, interpretando i suoi significati e il modo in cui ci si relazioni con essa. Questo non significa che la musica industriale abbia meno valore per i fan del 2015 rispetto a quelli del 1985 – ma meramente che il tipo di valore è cambiato, e questo ha un senso perchè, poichè la musica industriale critica il mondo attorno a sè, anche il mondo è cambiato.

6) In uno dei capitoli del tuo libro, parli della metafora del corpo perfetto, associato all’EBM, e di quello imperfetto, associato alla musica degli Skinny Puppy. Poichè mi sembra che in questa analisi manchi un punto di vista sul modo in cui la cosiddetta musica dark electro (che ora sta conoscendo una rinascita grazie a label come la Electro Aggression Records) si sia sviluppata in passato nella musica degli yelworC o dei Placebo Effect tra gli altri, vorrei conoscere la tua opinione sul perchè e su come il messaggio di questo genere musicale sia stato trasmesso e sul perchè abbia conosciuto uno iato durato alcuni anni.

Percepisco assolutamente la musica degli yelworC e dei Placebo Effect come qualcosa di molto simile a quella degli Skinny Puppy (per fare un esempio), piuttosto che a quella dei Front 242. La musica degli yelworC, in particolar modo, si focalizza sull’assenza di forma, sulla mostrosità e sul caos. Per quanto riguarda lo iato, tra l’industrial della metà degli anni ’90 predominato dall’utilizzo delle chitarre e il futurepop del periodo 1999-2006, le band industriali avevano una grande pressione conformante, il che è ironico in un genere così legato al non-conformismo. Penso che la nuova musica dark electro emerse come una reazione alla “pulizia” dell’estetica del futurepop e come un riconoscimento stilistico del potere che la prima ondata di gruppi dark electro aveva esercitato nei tardi anni ’80 e nei primi anni ’90.

7) Nella metà degli anni ’90 abbiamo assistito alla nascita di un nuovo genere noto come power noise (o rhythmic noise), influenzato in qualche modo dalla musica techno (distorted beats). Che relazione intrattiene questo tipo di musica con la musica industriale? Può essere considerata una parte del tutto, e che messaggio vuole essere trasmesso dai suoi artisti? Esiste anche in questo caso una relazione tra la musica e le teorie elaborate da Burroughs e Gysin?

Il genere del power noise può essere facilmente compreso come uno sforzo di portare le estetiche del suono harsh e del power electronics all’interno di un assetto da club. Quando Whitehouse iniziò a fare musica, i club industrial non esistevano, ma nel 1995 c’era certamente una audience che voleva ballare vivendo, nel contempo, una esperienza completamente travolgente che le noise bands offrivano. Realtà come Esplendor Geometrico avevano cominciato a fare musica di questo tipo nei primi anni ’80. Per quanto riguarda una relazione col pensiero di Burroughs e Gysin, c’è se uno ce la vuole vedere: la musica power noise travolge i sensi al contempo muovendo il corpo sulla base di un ritmo, portandolo inoltre al di fuori del proprio Io cosciente, facendolo diventare pura risposta.

8) Perchè Paesi differenti hanno idee differenti riguardo quello che è la musica industriale? Ci sono differenze tra l’idea che, soprattutto per quanto riguarda le suddivisioni di genere, gli Stati Uniti ne hanno rispetto all’Italia o alla Germania, al Canada, al Belgio…qui, ad esempio, molta musica industriale cosiddetta “four on the floor” viene considerata EBM sebbene alcune realtà siano EBM, altre Harsh, Aggrotech, etc… mi sembra che negli Stati Uniti non ci siano tutte queste differenze di genere.

Penso che abbia a che fare col marketing e col linguaggio. Nei primi anni ’90, la parola “industrial” veniva venduta agli americani come un tipo di rock. Quando la Sony mise sotto contratto i Front 242 nel 1992, vendere la loro musica come “industrial” ebbe un senso poichè questa parola aveva un’audience (almeno in America) in cui nessuno, parlando del mainstream, parlava di “EBM”. Così, i sottogeneri ai quali le band erano legati si assottigliarono. In Inghilterra, ad esempio, la parola “industrial” è molto potente e possiede potenti connotazioni: istantaneamente indica le fabbriche, il mondo militare, il governo, il lavoro e le macchine. E’ un ampio termine per un genere musicale e, ad esempio, la sigla “dark electro” non può trovare corrispettivi negli immaginari descritti.

9) Focalizziamoci sui testi impiegati nella musica industriale. Nel capitolo su NIN, parli di come, secondo un’analisi basata su certi filtri, i testi usino (riferendosi a NIN come esempio di rottura), un differente numero di parole “personali”, piuttosto che “impersonali”. Puoi spiegare ai lettori il perchè, ad esempio, un genere utilizzi un approccio più o meno impersonale a seconda di un qualche fattore?

Differenti tipi di musica indirizzano gli ascoltatori ad ascoltarli in modi differenti. Nel caso delle primissime realtà industrial, le parole erano molto difficili da ascoltare, e questo faceva parte della sua estetica: concettualmente, gli umani venivano sommersi tra le macchine, ma col passare del tempo gli artisti cominciarono ad importare nuove estetiche nella musica industriale e gli ascoltatori adattarono il loro ascolto di conseguenza, cosicchè quando ascoltarono The land of rape and honey (dei Ministry), utilizzarono sia la “modalità” di ascolto dell’industrial che quella del metal. In maniera analoga, quando ascoltarono i Thrill Kill Kult, risposero ai tagli della disco con una maniera di ascoltare la musica più tendente alla disco music, che enfatizzava la ripetizione, i beats e la “sporcizia”. Ovviamente, la maggioranza del pop è tradizionalmente incentrato sulle esperienze personali e interpersonali – c’è una ragione per cui così tante canzoni d’amore esistono al mondo, così, quando per la prima volta le band di musica industriale cominciarono ad avventurarsi nella stesura di testi in cui le parole “io, me, te, noi” erano ricorrenti, le persone iniziarono ad utilizzare modalità di ascolto “pop”, cosa che non piacque ad alcuni ascoltatori, ma che ebbe il risultato di rendere la musica più familiare a molti, molte persone che in precedenza non avevano avuto occasione di entrare in quel mondo e di ascoltare un determinato tipo di musica industriale. Ovviamente, questo processo cambiò il genere e la sua popolarità, ma di questo ho discusso prima.

10) Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un come back del cosiddetto “minimalismo”, termine un tempo applicato alla musica minimal degli anni ’80, termine la cui popolarità ora sta crescendo nella scena underground. Ogni giorno nuove realtà mescolano questo approccio con quello dell’old school EBM, dell’electro e della lezione degli anni ’80, e creano nuovi, particolari, ibridi. Questa cosiddetta new wave sta portando idee fresche alla musica industriale e titani dell’old school come Dirk Ivens, con la sua label Daft Records, si stanno interessando a questo sound. Cosa ne pensi a riguardo? In che termini questo fenomeno può essere considerato? Che tipo di messaggio vuole essere espresso da questo tipo di musica?

Leggo questo fenomeno come parte di una più ampia volontà di immaginare daccapo la sottocultura come se gli anni ’90 non fossero mai esistiti, così da evitare il corporativismo che sputò su e rimproverò l’industrial, il goth, l’early rave e il punk. C’è anche interesse nei confronti della purezza sonora, come gli artisti e gli ascoltatori si stanno chiedendo, “Ok, quali sono le basi essenziali per creare un ottimo brano electro? Quale singolo elemento sonoro posso usare per raggiungere lo stesso scopo per il quale prima ne usavo dieci? ”. Il fatto che la si pensi così oggi ha un suo significato, perchè se fai musica con ProTools, Reason o Logic, non sei più limitato e puoi usare tutta la gamma e il numero di suoni che vuoi, e nel mondo della sovrabbondanza creativa, c’è qualcosa di davvero attraente nel tornare indietro e lavorare con il minor numero possibile di suoni.

11)  All’inizio dell’intervista abbiamo parlato della relazione intercorrente tra le forme d’arte e la musica industriale. Parlando della relazione tra questa musica e il concetto di informazione, considerate come due linee che corrono sullo stesso binario, esiste una relazione tra la musica e le forme di new media art come la Computer Art, l’Interactive art e le forme d’arte basate sulla Realtà Virtuale e su quella Aumentata? Band come i Front line assembly e, in generale, quelle electro industrial, hanno sempre generato domande per così dire “distopiche”. Attualmente, la musica industriale sta intrattenendo un qualche tipo di rapporto con quello che queste forme d’arte stanno attualmente producendo (facendo un esempio, mondi virtuali sempre più realistici e applicazioni basate sulla realtà aumentata)? Esiste un punto di congiunzione tra questi due mondi?

Penso che, storicamente, ci siano stati molti punti di intersezione. Spero che ne esistano anche oggi ma, poichè oggi le sottoculture possono congregarsi così velocemente e in maniera così ristretta, mi preoccupa il fatto che non ci sia tutto questo dialogo tra loro. La scena della musica industriale può sembrare piuttosto ristretta e, mentre si sovrappose molte volte all’arte concettuale (da una parte) e alla cultura dell’hacking (dall’altra), penso che gli artisti concettuali abbiano largamente sviluppato la loro sound art (per esempio le installazioni sonore, i field recordings) e che gli hackers abbiano intrapreso la direzione del corporativismo (per esempio, la cultura del brogrammer). Forse possiamo lavorare per cambiare quello che sta avvenendo.

12) Quale pensi che sarà il futuro della musica industriale e quale messaggio pensi che potrà esprimere? Raccontaci il tuo punto di vista.

Ne parlo nel capitolo conclusivo di Assimilate – che, sì, i tuoi lettori dovrebbero acquistare! Penso che la musica industriale voglia fare qualcosa di utile per il mondo, dobbiamo chiedere come smantellare le Macchine di controllo nel 2015. Quali suoni, immagini e idee sono dominanti nella cultura? Come li possiamo sovvertire? Penso che la musica industriale abbia bisogno di volere abbandonare la sua vecchia estetica legata alla Seconda Guerra Mondiale ed entrare in relazione con le sfide moderne: la privacy, l’onnipresenza della pubblicità, l’esternalizzazione di una parte delle attività personali (crowdsourcing), il razzismo e la post-scarsità (dove per scarsità si intende il fondamentale problema economico per cui le persone richiedono al mondo più di quanto le sue risorse possano offirgli). Se facciamo musica non solo per esprimere una danza rabbiosa ma anche per nascondere le bugie ed esporre le verità, la musica industriale si può rivelare davvero importante.

13) Grazie mille per il tempo che ci hai dedicato, saluta i nostri lettori e invitali ad acquistare il tuo libro!

Grazie mille per aver parlato con me e, oltre al mio libro, ascoltate il mio nuovo progetto SEEMING.