Greyhound – Inner noise level

Pubblicato da Alessandro Violante il maggio 25, 2016

greyhound-inner-noise-levelNulla è più bello di una grande centrale elettrica ronzante. Così scriveva il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, nel famoso saggio Lo splendore geometrico e meccanico e la grande sensibilità numerica del 1914, ed è da quel saggio che i padrini del cosiddetto rhythmic industrial, gli Esplendor Geometrico, vennero influenzati. Stefan Lehmann, noto come Greyhound e come Syntech, è un musicista che si è appropriato di quella visione avanguardistica, poi sviluppata dalla label per cui ha realizzato i suoi album più importanti, la tedesca Hands Productions, e Inner noise level, uscito il 22 aprile, è la sua ultima fatica.

Rispetto al suono presentato con il progetto Syntech, meno organico e più fuori dagli schemi, quello di Greyhound rappresenta la quintessenza dell’approccio old school alla musica rhythmic industrial / power noise, in cui ben presente è il suono degli iberici padrini del genere così come quello dei Winterkälte, l’influenza più diretta. Per cogliere la poesia insita in Inner noise level bisogna concentrarsi sulla perfezione e sulla precisione di un suono matematicamente ineccepibile e ricorsivo, che non conosce margine di errore, apparentemente realizzato senza alcun intervento umano (per citare i nostrani Aborym). Si rimarrà allora affascinati dal modo in cui il rumore possa essere utilizzato in modo ingegnoso allo scopo di ottenere musica senza ricorrere ad elementi supplementari. Ben sedici balletti légeriani che non lasciano via di scampo all’ascoltatore attento, prodotti egregiamente, in cui episodi più pacati si alternano a sfuriate rhythm ‘n noise al fulmicotone, dai toni distorti e decisi.

E’ una distorsione, nella maggior parte dei casi, pulita e cristallina, secca e decisa, che si regge su ritmi incalzanti. Quel che più colpisce il neofita del genere è il fatto che, in una musica che si basa sulla estrema precisione ritmica, la sensazione di “caos controllato” è tangibile anche nei momenti più veloci. Qualcuno potrebbe lamentare un’assenza di vitalità in un lavoro come questo, ma questo è il rhythmic noise, prendere o lasciare, e anzi, questi brani avranno molto da raccontarvi: immense distese di ripetitori, i grigi panorami delle città postindustriali / postmoderne, l’alienazione che viene sentita nelle grandi metropoli. C’è una storia dietro ogni ritmo, dietro ogni suono, dietro ogni frammento che si rincorre in un loop infinito.

C’è la opener Loss con la sua ritmica lenta, macchinosa e marziale, ci sono le velocissime e dirompenti MoVing machines, Lead the way, Candle e Crash, le pacate (ma solo nel tempo) divagazioni che riecheggiano gli EG in Insect e in Cold floor, ma ci sono anche i brani conclusivi, questi ultimi più lontani dalla perfezione cristallina del suono, come Free, che esibisce una gamma rumoristica che si erge verso un climax esplosivo, quasi sinfonico (nell’accezione Futurista del termine), la più sporca Come to rest, nella quale il ritmo si fa più sordo e in cui la distorsione si fa meno chiara, e la chiusura affidata a Right here, che coi suoi suoni riecheggia quelli della prima generazione di musicisti industriali, il cui suono sembra provenire da un pilone autostradale (alla stessa maniera degli Einsturzende Neubauten).

C’è qualcosa che lega tanti decenni di musica industriale tedesca, che trascende generi e influenze, che accomuna il lavoro del primo Bargeld a quello di Lehmann: la comprensione della estrema potenza espressiva del rumore. Inner noise level è una esaltazione delle macchine e del loro suono, del rumore come forma espressiva, e questo accomuna tutta la scena rhythmic industrial, di cui Lehmann è un importante esponente: una scena “silenziosa”, un global noise movement tutto da scoprire. Questo è un buon lavoro a partire dal quale iniziare la vostra ricerca.

Label: Hands Productions

Voto: 8, 5